| Era stato un giorno come un altro, fatto di dubbi e di paura, di nostalgia e rabbia e di ... disperazione.
Dopo che il virus si diffuse, veloce come un fiume in piena, decimandomi la famiglia e gli amici più cari, la mia disperazione si cronicizzò, facendo di me un cane randagio e rabbioso, affamato di vendetta; ma contro chi vendicarmi ?
Contro chi mi sarei scagliato per chiedere conto di tutto quello sfacelo?
Le poche persone sane che incontravo sul mio cammino, il più delle volte si rivelavano ostili, anche loro impaurite e rabbiose, intente solo a sopravvivere, anche se ormai non c'era più nulla per cui valesse la pena sopravvivere.
L'atavico istinto di conservazione, però, ci teneva tutti legati alla vita, anche gli infetti rimanevano legati alla loro nuova maledetta condizione di non morti e cercavano cibo, non facendo nessuna differenza tra un bambino e un cerbiatto.
Avevo ormai 56 anni ed erano ormai passati 16 anni da quando il contagio era iniziato, e due anni da quando non sapevo più nulla dei miei due figli, Saniele ed Ennon, partiti una notte da Cranberry, sulla costa orientale del Ruby Lake, dove avevamo un accampamento, per andare in esplorazione verso nord; l'ultima volta che li vidi, li guardavo attraversare il campo e sparire nei boschi, sotto una luna enorme e, ingiustamente, bellissima.
Da allora, vago per queste terre cercandoli ovunque.
Quel giorno, in un tramonto fresco e umido, mentre cercavo di catturare un cervo, avvistai un campo abbandonato di roulotte, a est di Ranchito.
Ero armato di una piccola ascia e di un fucile a pompa, ma avevo una sola cartuccia in canna.
Mi avvicinai al campo con la solita circospezione, di solito aspettavo la notte per esplorare un campo ma avevo la gola arsa dalla sete e, per la fame, il mio stomaco brontolava sempre di più.
Il sole era un tremulo disco rosso che si frantumava tra gli alberi dei boschi vicini e spargeva, tutt'intorno, una luce discreta e rosea, che riacuiva le mie nostalgie e la mia malinconia.
L'ululato dei lupi nei boschi, mi fece trasalire e mi ricordò che dovevo bere e mangiare.
Cercai nelle roulotte qualche straccio, qualcosa da mangiare, dell'acqua, qualche cartuccia, cercai nelle carcasse delle auto abbandonate nel campo; trovai una bottiglia vuota e un barattolo di fagioli, mentre continuavo a guardarmi intorno.
In un furgone arrugginito fui felice di trovare uno zaino in buone condizioni che avrei sostituito alla mia piccola sacca ma questo piccolo colpo di fortuna mi distrasse e ...abbassai la guardia.
Tutto accadde in una manciata di secondi; sentìi il verso orribile di uno zombie appena dietro di me un attimo prima che il suo fetore mi raggiungesse.
Il sangue mi si gelò e il cuore impazzì mentre mi voltavo ed evitavo, per un pelo, i denti luridi di quell'essere sfortunato e, mentre indietreggiavo, gli sferrai un colpo d'ascia in pieno viso.
L'infetto cadde in ginocchio, rantolando e fu allora che .... lo vidi.
Correva verso di me, veloce e silenzioso, impugnando una piccola ascia, forse uguale alla mia ma io non ero uguale a lui; era giovane, robusto, veloce e deciso.
Il tempo, in quei pochissimi metri che ormai ci dividevano, parve dilatarsi, rallentare sino quasi a fermarsi e pensai che avrebbe potuto essere uno dei miei ragazzi che mi correva incontro per abbracciarmi forte.....ma non era uno dei miei ragazzi, era un nemico.
Il tempo riaccelerò, lui volò verso di me alzando l'ascia, serrando le mascelle, io corsi per avere il tempo di gettare l'ascia e imbracciare il fucile, poi mi voltai e quando sparai mi era già addosso.
Il boato del fucile a pompa fu assordante, come sempre, e rimbombò nei boschi da cui stormi di gazze spaventate si levarono in volo; ero a terra, sotto il corpo dilaniato del ragazzo che, morendo, mi era finito addosso facendomi cadere.
Il sangue tingeva l'erba tutt'intorno.
Spostai il ragazzo col calcio del fucile e mi rimisi in piedi, il ronzio nelle orecchie,dopo lo sparo, era assordante, la gioia di essere ancora vivo era immensa, la pena che quel ragazzo mi faceva era infinita.
Con le mani che mi tremavano ancora, frugai nel suo zaino e vi trovai viveri, acqua, bende e cartucce, molte cartucce per il fucile a pompa e allora capìi; aveva le munizioni ma non aveva il fucile e voleva il mio, e per questo, aveva deciso di uccidermi.
Era questo il nostro nuovo mondo, erano queste le nostre nuove priorità.
Non avevo nulla per scavare una fossa, così coprii quel povero corpo con le pietre che trovai per evitare che gli animali lo divorassero, poi bevvi metà di una sua bottiglia d'acqua e mangiai un boccone.
Era già scesa la notte, illuminata da una luna che sembrava dipinta, quando mi rimisi in marcia.
Avrei continuato la ricerca dei miei ragazzi, sperando di trovarli prima che decidessero che ... un fucile valeva più della vita di un uomo.
Oggi è il 4 luglio 2030, è il giorno dell'Indipendenza, ma nessuno ha più niente da festeggiare. Il mondo va in pezzi e tutti aspettano, con paura e rassegnazione, il Grande terremoto che, tra i sopravvissuti, è chiamato Wipe, che avviene quasi ogni mese e che cancellerà rifugi, case, persone e animali e .... tutto ricomincerà.
A volte il periodo di tempo tra una scossa e l'altra è maggiore e questo destabilizza il già precario equilibrio che, con fatica e sangue versato, si cerca di raggiungere per restare vivi e sani, all'insegna della speranza che la normalità possa tornare su questa terra.
La gente sana si è riunita in clan, stabilisce alleanze, coopera contro le avversità, si difende dai clan ostili ma, prima del wipe, tutto cambia; la gente si nasconde sulle montagne, e nelle città e nelle periferie, girano solo i disperati, quelli che non hanno più nulla da perdere e vagano depredando e uccidendo chiunque incontrino, solo per il gusto di farlo, forse con la segreta speranza di essere "finalmente" uccisi a loro volta prima che lo faccia il terremoto.
Aspettiamo il wipe a giorni, io mi sono sdraiato sulla cima di una collina, nell'erba alta, lontano dalle città e dalle strade. Ho con me viveri, acqua, indumenti asciutti, un fucile di precisione con qualche munizione e, aspetto. Quando non hai che te stesso da preservare, assumi la forma di un sasso ma la consistenza di una nuvola e lasci che gli "altri" anneghino nella loro stessa follia !
A 57 anni, guardo questa notte, così gremita di stelle, e penso ai miei ragazzi, a quando e se li ritroverò, l'unica ragione per cui non mi arrendo e che mi darà la forza, al sorgere del sole, di rimettermi in cammino, anche se ...... sono stanco.
HNH_Eury
Edited by HNH_Euridamante - 5/7/2015, 16:48
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comunque bellissimo ne aspetto altri 
comunque bellissimo ne aspetto altri 
